Piuttosto fuma con me

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Questo articolo tratta il tema del rapporto tra genitori e figli adolescenti, focalizzandosi sulla risposta dei genitori di fronte ad atteggiamenti trasgressivi dei figli e suggerendo possibili strategie educative.

Alcuni genitori percepiscono che qualcosa sta cambiando nei propri figli quando questi sono intorno ai 13-14 anni, quando in effetti le trasformazioni iniziano ad essere numerose ed evidenti: aspetto fisico, ingresso in una nuova scuola, interessi ed amicizie diversi… è come se vi fosse da parte dei genitori un risvegliarsi improvviso,“mio figlio è adolescente, ora iniziano le preoccupazioni”. Spesso questi stessi genitori sono in difficoltà, non hanno strumenti, non sanno come agire.

Cosa è successo?
Senza opporsi si sono lasciati travolgere dal lavoro, dalla quotidianità e hanno instaurato con i loro figli una comunicazione superficiale, senza un confronto profondo, fino ad arrivare a lamentarsi che il figlio non parla. Dal loro punto di vista, la colpa è del ragazzo che non vuole dialogare, difficilmente un genitore si mette in discussione. Per i ragazzi a volte questo processo di crescita si manifesta attraverso emulazioni di atteggiamenti negativi del mondo degli adulti, che spesso un genitore non coglie prontamente. Se un adolescente beve, un genitore prima o poi ne viene a conoscenza. Alcuni adulti danno per scontato che ubriacarsi sia d’obbligo una volta nella vita e lo dichiarano ai figli, con un generale senso di impotenza e connivenza. Ma non è un dato scientifico! Si incontreranno sicuramente individui che nel loro percorso di crescita non si sono ubriacati, né hanno fatto uso di droghe. Il passaggio all’adolescenza non necessariamente si esprime in comportamenti a rischio: tutti faticano a diventare adulti, ma non tutti decidono di eccedere con sostanze alcoliche, droghe, di rubare o di agire violenza…

Ciò che è necessario fare, se ci rendiamo conto che nostro figlio ha bevuto, è adottare un atteggiamento contenitivo, opponendoci in modo fermo e spiegandogli chiaramente i rischi e le conseguenze che questo suo atto comporta. Ancora meglio sarebbe stabilire le regole: con l’avvicinarsi all’adolescenza un genitore mette in conto che esistono rischi specifici e allora perché non mettere prima delle regole rispetto al fumo, all’alcol ecc.? In questo modo il genitore dichiara la propria posizione educativa rispetto a determinate scelte e chiede al figlio di farle proprie, in un percorso che dalle regole porta alla capacità di assumersi responsabilità, al riconoscersi adulti.

Questo in un contesto di comunicazione continua e profonda, che nasce nel momento della nascita del figlio e che va mantenuto vivo quotidianamente, giorno dopo giorno, attraverso anche attribuzioni di responsabilità: se ti affido un compito, significa che ritengo tu sia in grado di portarlo a termine. Ciò è fondamentale nella costruzione dell’identità, propria del periodo adolescenziale. Alcuni genitori, di fronte ai rischi rispetto all’alcol, al fumo o alla cannabis, propongono al figlio di sperimentarlo insieme, pensando sia un atteggiamento educativo. Assolutamente no! In primo luogo il genitore non limita alcun rischio perché quell’esperienza verrà probabilmente ripetuta dal figlio anche in sua assenza, inoltre, che sia l’alcol prima dei 16 anni o la sigaretta per un minore o la cannabis, significa che genitore e figlio condividono un atto illegale e quindi il genitore invia al figlio un messaggio di legittimazione all’illegalità.

Trasgredire le regole può succedere, ma se accade spesso è necessario che genitore e figlio affrontino insieme questa difficoltà, senza però mai, da parte del genitore,venir meno al patto di stima e affetto nei confronti del figlio. Questo ha necessità di essere riconosciuto per ciò che è, senza nascondere ciò che di negativo ha compiuto, ma senza nemmeno negare ciò che di positivo c’è in lui. Un figlio non può trascendere dall’amore del genitore e quest’ultimo ha il compito di trasmettere fiducia e disponibilità nell’affrontare insieme eventuali ostacoli nel percorso di crescita. Quando il genitore non riesce da solo a mettere a fuoco la situazione o è intrappolato nelle dinamiche emotive proprie o familiari, allora è opportuno rivolgersi ad uno specialista al quale domandare un aiuto specifico e competente.